È
nato nel 1947 di fronte al porto di Genova ma non sembra italiano. Né del
nostro tempo. Né di nessun altro tempo.
Di quest'artista geniale, elagante,
ironico, flemmatico e tollerante, ma puntiglioso benché anarcoide, libertino
ma moralista e nottambulo però disciplinato, potrei affermare che se lo
spirito di un musicista è fatto della stessa materia dagli strumenti che
usa, Nico Di Palo potrebbe essere legno di una cassa di risonanza, acciaio di
una cordiera e madreperla di un pirolo da accordatura.
Perchè flessibile
e caldo come il legno, resistente e tenace come l'acciaio ed iridescente e duro
come la madreperla.
Le melodie che lo hanno reso prematuramente famoso, ma
solitario e insicuro, forse sgorgarono dalla sua vena ispiratrice quando, con
la sua Fender a tracolla, riuscì a decifrare il codice di collegamento
diretto con il mondo dal quale proviene a sua insaputa. Lo stesso codice che viene
concesso agli appartenenti alla stirpe dei maghi, dei fattucchieri, dei negromanti,
degli stregoni, degli affatturatori, degli indovini, degli incantatori, degli
illusionisti, dei maliardi, degli artisti e dei geni. La stessa formula di collegamento
extraterrestre usata da Vincent Van Gogh, da Diego Armando Maradona e da Jimi
Hendrix, solo per citarne alcuni. Se il liuto è da sempre lo strumento medievale
per eccellenza e la chitarra elettrica è l'icona musicale dell'era moderna, Nico
ha scoperto la chiave per abbracciarli entrambi, proiettandosi in un vasto arco
di tempo senza tempo, lì dove c'è il suo vero mondo: lo spazio. Nella musica il
tempo inteso come spazio è sacro. Una nota, un semplice segno prestabilito col
quale indichiamo un suono, può racchiudere l'essenza stessa del creato, la profondità
più tenebrosa, la dolcezza più infinita o il dolore più sordo e lancinante. Nel
suo caso il rapporto tra spazio e tempo è assolutamente personale perchè non si
tratta di un concetto metafisico che il musicista fa diventare suono, ma della
trasformazione in note del vuoto esistente tra i pianeti, del nulla che nel suo
caso diventa materia auditiva, della descrizione in partitura di un luogo perfetto
per vestirsi elegantemente e muoversi nella purezza più assoluta. In quella purezza
fatta di giri armonici e accordi che vengono dipinti sulla tastiera sotto un'impulso
geniale fatto di raffinatezza, forza interpretativa e distanza dalla realtà concesse
solo agli eletti. Laddove l'eleganza, la potenza e il distacco rappresentano i
tre concetti in cui è racchiusa la sintesi delle opere di Nico Di Palo. Un compendio
che, insieme ad una discutibile posizione vitale difesa a oltranza, cela una continua,
spasmodica ed irrazionale esplorazione di un cosmo inaccessibile alla maggior
parte dei comuni mortali. I più potenti radar, le cosmonavi più all'avanguardia
e gli attrezzi articolati più sofisticati con i quali vengono perlustrati i territori
vergini del sistema solare, pur avendo un'enorme utilità scientifica, sono stati
ideati per svolgere solo una funzione di trasmissori di informazioni al pianeta
terra, nel tentativo di dare una risposta esauriente all'antico quesito inerente
la solitudine cronica, e cosmica, del genere umano. La peculiarità dello stile
di questo musicista è stata quella di unire questa funzione di semplice perlustrazione
alla bellezza dei suoni, in un'inconscia ed affannosa ricerca di una risposta
alla stessa domanda. In un cosmo fatto di note, lettere e colori che alitano nel
vuoto, Nico ha ingrossato l'esigua schiera di quanti li hanno catturati, scelti,
assiemati e offerti agli esseri umani in maniera ad essi comprensibile. Faraoni
egiziani come divinità terrestri, cavalieri medievali che galoppano nella memoria,
esploratori dello spazio alla ricerca della verità in rotta verso il pianeta della
perfezione, sono queste le sue fonti di ispirazione. Indubbiamente Nico Di Palo
è un classico proiettato da sempre nel futuro. Per lui l'orbita terrestre è una
selva colma di suoni. E se questa immensa foresta un giorno dovesse diventare
un immenso ingorgo all'ora di punta troverà sicuramente in questo cacciatore di
frodo, notturno e tenace, silenzioso e sicuro, il musicista capace di purificarla
e trasformarla in un conservatorio. E dopo, in qualche piega dell'anima di ognuno
di noi, ci sarà una melodia che non sarà poi così diversa, nella sua purezza e
nei suoi colori, da quella immaginata da quest'artista capace di trasformare i
sogni in melodie, di riciclare in note le emozioni, muovendosi in un'orbita esclusiva,
come i faraoni, i cavalieri della memoria e gli esploratori spaziali. Non è fantascienza,
né fantasia metropolitana, ma la capacità di riproporre, nella triste era che
ci è toccato vivere, i suoni che riempiono l'immaginazione di tutti, esercitando
la libertà di unire con grazia e armonia, pensieri, idee ed immagini. Ho visitato
diverse volte lo studio di Nico ed ho visto i suoi strumenti disposti a semicerchio
e la sagoma stessa del musicista muoversi tra essi senza alterare, gli uni e l'altro,
quell'universo di sogni chiamato spirito. Le tastiere, i monitor, le vecchie chitarre,
gli appunti su carta, le parole misurate, la sua elegante accoglienza e la luce
del porto di Genova che rende fecondo anche il groviglio di cavi, sono tutti elementi
vivi e palpitanti. Purtoppo non sempre un'artista si offre in perfetta simbiosi
con la sua opera più intima, rigorosa e priva di impurità come nel caso di Nico
Di Palo, un musicista che basa la propria intelligenza su un'invidiabile carica
ironica. Il suo linguaggio astrale, una saggia miscela di tempo e spazio, che
usa in fase di composizione, diventa un gioco vitale, colmo di pudore ed energia.
Se far musica significa condensare lo spazio in una nota senza che essa perda
intensità, Nico Di Palo ha dimostrato che il vuoto può diventare suono e lo spazio
in cui aleggia un'immensa cassa di risonanza. Per questo non ci sarà bisogno di
cercare l'elisir dell'eterna gioventù negli anfratti più reconditi del nostro
pianeta, né sotto le grandi pietre filosofali e nemmeno nelle sale operatorie
dei migliori chirurghi plastici. Basterà chiedere nei carruggi del centro storico
di Genova, negli stessi vicoli nei quali risuonano ancora i passi di tutti i sognatori
e alieni che, come Nico Di Palo, hanno cercato di svelare il grande mistero dell'esistenza
umana. O basterà lasciarsi trasportare da quelle melodie intramontabili che si
sono infilate nella pelle, diventando una parte integrante del tessuto cutaneo,
per sentire ancora il profumo, l'energia e l'intramontabilità di un tempo cosmico
che ci appartiene da secoli e che ci apparterrà sempre.
Gianni Anastasi, Ottobre 2006.